➢ L’aria di Umm Qais

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Venerdì scorso per me e Vale la sveglia è suonata presto: ci aspettava una gita fuori porta in compagnia di Sami e Sultan, simpatici amici universitari.

In due mesi io e Vale abbiamo avuto occasione di esplorare la Giordania da nord a sud e da est a ovest, solo due posti mancano alla lista: le rovine greco romane di Umm Qais e i castelli di Azraq. Durante lo scorso fine settimana la scelta è ricaduta proprio su Umm Qais, una cittadina romana conosciuta anche con il nome di Gadara. Il sole ci ha accompagnati per tutta la visita e i suoi raggi incorniciavano le rovine di quelli che all’epoca erano templi e terme. Fra le colonne accasciate al suolo e preziosi reperti senza tempo si fa spazio una folta distesa di verde prato e incolti fiori selvatici. DSC_0042
Un paesaggio che con la mente mi ha riportata ad Ostia Antica.
Abbiamo passeggiato in questo sito per un paio d’ore, in silenzio, prendendoci il nostro tempo, senza rincorrere il giorno, apprezzando il vento fresco e ammirando quello da cui eravamo circondati. La caratteristica più affascinante di questo posto, oltre all’estrema calma che è in grado di suscitarti, è la sua posizione: Umm Qais sorge su una collina nell’estremo nord della Giordania dalla quale puntando lo sguardo all’orizzonte si ammirano le alture del Golan e il lago di Tiberiade. Da dove ci trovavamo, soli pochi chilometri ci dividevano dalla frammentata Siria e dalla terra del conflitto israelo-palestinese.
Nel pomeriggio sulla via del ritorno, affamati come non mai, facciamo sosta in un ristorante alle porte di Jerash: ci rifocilliamo con una grigliata di carne e vari antipastini arabi mentre un tramonto suggestivo riempie il cielo che lentamente imbrunisce fino a lasciare spazio a un profondo blu notte.
Torniamo a casa sfoderando in macchina le nostre migliori “doti” canore e spiegando a Sami e Sultan l’uso e la corretta pronuncia dell’ “Aò” romanesco.
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Il terrorismo non ha religione

I fatti accaduti in queste ultime 24 ore mi hanno resa ammutolita. Sono vicina a Parigi e a tutte le vittime di un terrorismo fanatico ed estremista.

Vi saluto con questa poesia, studiata all’università durante un’ora di lingua persiana:

Ben oltre le idee/ di giusto e di sbagliato/ c’è un campo./ Ti aspetteró laggiù.

J. Rumi

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➢ Un venerdì domenicale

Tra le tante cose che la Giordania ci ha offerto, trova posto anche l’ospitalità. É da quando siamo arrivate che veniamo sommerse da inviti a cene e pranzi vari; i tanti tè donatici dai negozianti, i caffè offerti all’università tra una lezione e l’altra, i sorrisi di comprensione e benevolenza sono solo alcune delle tante dimostrazioni di benvenuto che ogni giorno accettiamo come un regalo perché hanno la capacità di coccolarti, allontanano la nostalgia e ti fanno sentire come a casa. Vivendo qui ti accorgi di quanto sia forte il senso di ospitalità per gli arabi, un rito che coltivano come un culto e mi sento assolutamente di dire che in molte piccole cose ricordano noi italiani.
Ieri io e Vale alle 11 della mattina avevamo un appuntamento a casa di una nostra collega giordana dell’università: la prossima settimana avremo un esame e Haneen, vedendoci alquanto terrorizzate, ci ha proposto il suo preziosissimo aiuto.
Haneen quando è a casa non porta il velo e, quando ieri ci ha aperto la porta, davanti a noi a darci il benvenuto c’era una bella ragazza con una chioma di folti capelli castani raccolti disordinatamente. Ci ha fatto accomodare in un grande salotto tappezzato di foto e quadri e abbiamo iniziato la nostra mattinata di studio. Successivamente è venuta a salutarci sua sorella, Yasmine, una simpatica e minuta ragazza di 22 anni, laureata in economia. Oltre alle sue presentazioni, Yasmine ha portato anche un vassoio di tipico pane arabo e tè. Ci è sembrato giusto prenderci quindi una pausa e in compagnia del cibo abbiamo dato inizio ad un’interessante chiacchierata: Haneen ci ha rivelato che è da soli 7 mesi che indossa il velo, è stata una sua libera scelta, una scelta d’amore e devozione. Ha una voce intensa e profonda quando ci parla di Dio e i suoi occhi sono estremamente sinceri. Non abbiamo minimamente osato contraddirla perché ti rendi conto che alcuni argomenti non trovano spazio per le parole o la razionalità. L’abbiamo semplicemente ascoltata sentendoci grate perché condivideva con noi una parte della sua vita fin troppo intima.
Verso l’una abbiamo dovuto salutarla perché un altro nostro amico, Mohammad, attendeva noi e altri ragazzi tedeschi a pranzo a casa sua. La casa di Mohammad si sviluppa su un unico grande piano: c’è un grande salone stile barocco con un numero inusuale di divani, segno che agli arabi piace stare in compagnia. La mamma, Jamalat, aveva preparato una montagna di delizioso cibo arabo e il papà, Hisham, ha suscitato il nostro stupore quando  in italiano ci ha detto di essersi laureato in ingegneria a Pisa e di aver vissuto per otto anni in Italia.
Il venerdí di ieri mi ha fatto sentire a casa, mi ha fatto ricordare il pranzo della domenica che cucinano le mie dolcissime nonne e mi ha infuso una straordinaria fiducia e positività nei confronti del genere umano.
Peccato che poi, tornate a casa, abbiamo scoperto che la padrona dell’appartamento ci aveva brutalmente staccato internet, che oltretutto funzionava già male, a causa del mancato pagamento.

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